Nato nel 2019 con lo scopo di conservare e divulgare la memoria degli esponenti della più importante famiglia di Firenze, che fu l’artefice dei destini della città e dell’intera Toscana per circa tre secoli: i Medici. Se Firenze è oggi quella che è, se è conosciuta in tutto il mondo, se fu tra i più grandi protagonisti del tardo Medioevo e soprattutto la culla del Rinascimento, lo si deve ai Medici, così come dovremmo essere grati in eterno ad Anna Maria Luisa, l’ultima discendente del ramo granducale, che con il suo patto con i Lorena ha fatto sì che la sterminata collezione medicea di opere d’arte restasse in Toscana (e quindi, aggiungo, in Italia). Premesso che la città stessa ci racconta in continuazione dei Medici, questo museo non è che offra molto al visitatore: oltre a ricostruzioni, come il plastico della battaglia di Anghiari o la riproduzione virtuale dell’evoluzione della corona ducale, qualche quadro, un busto di Ferdinando II del Foggini, l’originale italiano (l’altro originale in francese è presso l’archivio di stato di Vienna) del Patto di Famiglia voluto da Anna Maria Luisa, forse l’unica copia rimasta al mondo del libro settecentesco con i ritratti di tutti i componenti della famiglia dei Medici. A mio avviso questo museo ha un senso (e una parziale giustificazione del biglietto d’ingresso) solo se si partecipa ad una visita guidata, come è capitato a noi che, in occasione del Capodanno Fiorentino, non solo non abbiamo pagato nulla, ma ci ha fatto da Cicerone il bravissimo direttore del museo, intrattenendoci per più di un’ora raccontandoci fatti e misfatti di questa incredibile famiglia.
Il museo da circa un anno è ospitato nella Rotonda Brunelleschi, di proprietà dell’Associazione Nazionale Mutilati ed Invalidi di Guerra (che possiede anche buona parte dell’attiguo ex monastero di Santa Maria degli Angeli, di cui la rotonda una volta era parte, e che, sempre per il Capodanno Fiorentino, ci ha fatto visitare gratuitamente i suddetti locali dell’ex monastero, altrimenti difficilmente vedibili). La rotonda fu progettata nella prima metà del ‘400 dal Brunelleschi, e può considerarsi l’antesignana delle chiese a pianta centrale: prevedeva 16 lati esterni e otto interni, rappresentati da altrettante cappelle; purtroppo l’opera rimase incompiuta, restando un rudere fino al ‘600, quando almeno si provvide a coprire il perimetro murario, con la parte centrale comunque ancora scoperta. L’attuale definitiva fisionomia si deve alla sopraelevazione (ben evidente) e completa copertura effettuati negli anni ’30 del XX secolo, dopo che la struttura fu acquistata dalla citata Associazione Nazionale Mutilati ed Invalidi di Guerra. All’importanza storico-architettonica dell’edificio non corrisponde, almeno all’interno, alcun pregio artistico, essendo priva di qualsiasi ornamento: si possono notare solo le lesene scanalate tronche in pietra serena tra le otto cappelle, oggi semplici vani che ospitano appunto gli oggetti dell’esposizione museale. A proposito di oggetti esposti, segnalo anche che dal 23 marzo al 21 aprile vi è la mostra estemporanea “The Crucifix Collection”, ovvero crocifissi italiani databili dal XVII al XVIII secolo e provenienti da varie chiese, talvolta anche in pessime condizioni, che Jean O’Reilly Barlow ha restaurato ed integrato con campioni di varie specie di minerali.